Dalla culla alla Croce

Dalla Culla alla Croce

Incarnazione del Signore, profezia della Passione

Nell’Antico testamento la venuta del Signore in mezzo al suo popolo era già stata annunciata secoli prima della sua realizzazione. “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente.” (Is 9, 1. 5) Lui che è il Dio potente, verrà dunque come bambino bisognoso di tutto e sempre secondo il profeta Isaia, nasconderà la sua bellezza divina e si mostrerà provato dalla sofferenza e dal disprezzo. “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità.”  (Is 53, 2.3.5)

  1. Paolo apostolo sintetizza questo percorso con il celebre inno ai Filippesi: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!, a gloria di Dio Padre.”(Fil 2,5-11)

In questo testo Gesù è presentato nel suo percorso dal cielo alla terra per poi risalire al cielo dopo aver compiuto la redenzione dell’umanità e del cosmo. Anzitutto si svuota del suo essere Dio e assume la condizione di servo nell’Incarnazione e viene ad abitare sulla terra. Qui si umilia ancor più nell’obbedienza fino alla morte di croce: è la sua passione d’amore e di dolore per noi! Per questo il Padre lo esalta e lo presenta quale Signore a tutte le creature, perché riconoscano la sua signoria e il suo potere d’amore acquistato con il suo Sangue.

Paolo della Croce che ha messo al centro della sua vita la contemplazione della Croce, si sofferma pure con devozione e amore sull’Incarnazione del Verbo che annuncia e anticipa la sua immolazione. Perciò inventa nella notte del S. Natale una particolare liturgia per onorare Colui che si è fatto bambino per la nostra salvezza. “Paolo portava processionalmente una devota figura del S. Bambino ed aveva piacere che fosse in fasce,

poiché gli recava maggior ammirazione il vedere la divina Onnipotenza, Bontà e Sapienza ristretta in poveri pannicelli.” (Zoffoli – S. Paolo della Croce – II, 1166) Il Fondatore rimaneva dolcemente ammirato e infiammato nel vedere Dio farsi piccolo e bisognoso, l’ultimo di tutti, proprio come sarà nella Passione. Un Dio per noi Bambino in fasce, per noi collocato sul fieno in un presepio, per noi bisognoso sino del fiato di due giumenti! Oh, che gran luce; oh, che gran fuoco arde nella stalla di Bethelem! Guai a me, se a vista di tanta luce, agli ardori di tanto fuoco non mi consumo di santo amore e piuttosto me ne resto tiepido e gelato come prima! (Lett. ai Passionisti, 89) Egli esorta anche le anime da lui dirette a contemplare questo mistero, affinché possano rinascere nel divin Verbo a nuova vita.

Circa la contemplazione del sacrosanto Mistero, basta con viva fede contemplar un Dio Immenso fatto Bambino per nostr’Amore, né importa, che ciò si faccia con immaginativa, anzi è meglio farlo in pura fede senza tale immaginativa: e su di ciò lasci l’anima sua in libertà di contemplare tal gran Mistero, come il Sovrano Maestro Divino le insegnerà.” (Laici, 658) 

Ma Paolo non si ferma a questa tenera contemplazione; passa ben presto a considerare il divino Bambino steso sulla croce poiché egli già conosce la morte che lo attende per la redenzione dell’umanità. A Sr. Angela Cencelli, carmelitana, scrive: “Molti anni sono io avevo un bel Bambino dipinto sopra una carta di Germania, che se ne dormiva placidamente sopra una croce. Oh, quanto mi piaceva quel simbolo! Lo diedi a una persona crocifissa, ma di santa vita. Io volevo, come bramo a lei, che quell’anima fosse bambina per purità e semplicità, dormisse sopra la Croce del dolce Gesù. Dunque lei nel S. Natale, che avrà il Bambino nel suo cuore, tutta trasformata in esso per amore, dorma con lui nella culla della Croce, e alla divina canzonetta che canterà Maria Ss.ma, lei si addormenti col Divin Bambinello, ma fatta un sol cuore con esso. La canzonetta di Maria Ss.ma sarà: Fiat voluntas tua sicut in caelo et in terra; l’altra strofetta sarà: Operare, patire e tacere; la terza strofetta sarà: Non ti giustificare, non ti lamentare, non ti risentire” (Lett. III, p. 604).

Così pure scrive alla sig.a Maria Giovanna Venturi Grazi: “ Io desidero, che il suo cuore sia la culla del dolce Bambino, e che vi nasca misticamente, il che seguirà se lei sarà fedele, come spero, in mantenersi occulta, e nascosta nella solitudine del suo interiore, dormendo col Bambino su la Croce, e facendo morire tutte le afflizioni nel fuoco della divina Carità con vero, silente, e totale abbandono nella ss.ma Volontà di Dio.” (Laici, 583)

Lo stesso Santo conservava nella sua stanza questa immagine. “Il servo di Dio teneva dalla parte destra del letto un quadretto largo circa due palmi, rappresentante il Bambino Gesù che dormiva sulla croce. Riguardava ora con occhio amoroso il Crocifisso e s’infiammava d’amor, ora rimirava il Bambino che dormiva sulla croce e si animava a patire tuttti gli incomodi che soffriva, per l’amore dell’oggetto che amava”. (Processi III,465)

Il Figlio di Dio conosceva fin dal primo istante della sua Incarnazione, l’esito della sua vita sulla terra, la dolorosa morte in croce. S. Paolo della Croce, considerando questo, amava guardare a Gesù come a colui che fin da piccolo portava la croce nella mente e nel cuore e vi riposava le sue piccole membra. Questa immagine prefigurava in modo profetico la Passione del Signore e gli faceva contemplare in anticipo quelle sofferenze. Il vedere Gesù Bambino disteso sulla croce aiutava il fondatore a considerare l’uomo – Dio umilato e crocifisso per la nostra salvezza. Egli così si sentiva animato nel vivere con amore la sofferenza: le sue varie malattie che lungo la sua vita lo avevano inchiodato a letto; le pene personali, tra cui la lunga aridità e notte dello spirito; le sofferenze legate alla fondazione della Congregazione e al suo governo; i dolori per la Chiesa e per  le singole anime, che tutte voleva salve, in virtù della Passione di Cristo.

Nel Bambino giacente sulla croce contemplava e assimilava gli atteggiamenti tipici dei piccoli, soprattutto quando sono visitati dalla sofferenza. Un bimbo anche nel dolore mantiene la sua semplicità e si abbandona con fiducia alle mani della mamma o del papà. Giacché il dolcissimo Gesù nasce in questa solennità, facciamoci ancor noi bambini con esso, nascondendoci sempre più nel nostro vero nulla, umili, semplici come bambini, con l’esatta obbedienza, schiettezza, chiarezza di coscienza, amore alla santa povertà, amore grande al patire, ma lasciarci governare, dai nostri superiori e così saremo veri imitatori del dolce Bambino Gesù, che si lasciava in tutto abbandonato alla cura della sua divina Madre Maria. (Lett. ai Passionisti, 83)

“Tutta la vita di Gesù fu croce e martirio” afferma il libro dell’Imitazione di Cristo. Tutta l’esistenza del Salvatore in effetti è stata segnata dalla sofferenza e neppure la sua infanzia è stata risparmiata. Possiamo pensare l’istante dell’Incarnazione, il suo ingresso nella dimensione umana debole e limitata; la sua dimora di nove mesi nel grembo della madre, povera figlia d’Israele. Possiamo guardarlo nella povertà e oscurità della nascita. Considerare Gesù nel momento della persecuzione di Erode e nella rischiosa fuga in Egitto: in tutto si lasciava guidare e condurre da Maria e Giuseppe. Così trent’anni dopo si metterà nelle mani di coloro che lo odiano, dei giudici e dei carnefici per essere portato ai tribunali e alla croce e si abbandonerà con fiducia alla volontà del Padre.

Questi atteggiamenti di fede Paolo li propone alle anime da lui guidate spiritualmente. Esorta infatti a vivere tutto ciò che affligge l’anima e il corpo, bruciandolo come offerta nel fuoco della carità divina, in un abbandono totale alla volontà di Dio. Compone anche una canzonetta spirituale, invitando a patire in silenzio i dolori della vita, a non lamentarsi, risentirsi o giustificarsi quando si è nel crogiolo di pene fisiche o spirituali. Per poter affrontare qualunque prova non c’è miglior modo che riposare nella culla della croce con il Bambino divino. Se la croce con tutta la sua asprezza ci incute timore e ci è più difficile accostarci al Signore crocifisso, il sorriso del dolce Gesù, adagiato nella culla, anche se in forma di croce, ci dona coraggio e speranza nell’affrontare il cammino del Calvario.

Concludendo, ricordiamo una testimonianza particolare nella Congregazione Passionista, il Beato Lorenzo Maria di S. Francesco Saverio (Salvi). Egli accanto al Fondatore ha coltivato nella sua vita una particolare devozione all’infanzia di Cristo.  Come missionario ha fatto conoscere alle genti la dolcezza e soavità del Bambino Gesù per attirare i cuori alla virtù e al bene e consolare i sofferenti.

Anche noi Passioniste siamo chiamate a contemplare e a vivere quest’ unico mistero di fede e di amore: il Natale e la Passione; il Bimbo di Betlemme e l’Uomo dei dolori!

Sr. M. Cecilia dello Spirito Santo – Passionista (Maria Pia Mongiardino)
Monastero di Genova Quarto (Italia)

Comments

One response to “Dalla culla alla Croce”

  1. Dom Pio de Souza Silva Lopes, OSB Avatar
    Dom Pio de Souza Silva Lopes, OSB

    Lodato sia Gesù!
    Ho letto questa riflessione e sono colpito nel cuore! Quanta belezza! Sì, è vero! Guardare a Gesù bambino sulla croce ci aiuta a accetare la croce, il parire, la soferrenza, il dolore… Tutto per amore!

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