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L’evangelista Luca, fin dagli inizi ci ricorda una presenza femminile accanto a Gesù e al gruppo dei Dodici. In realtà fin dal Vangelo dell’infanzia ha già messo in evidenza una donna singolare, la Madre Maria, che ha atteso, dato alla luce e accompagnato il Figlio fino all’età matura. Nel tempio, accanto a Simeone, ci ha presentato la profetessa Anna, dedita alla penitenza e alla preghiera, che annunciava con fervore di spirito la venuta del Salvatore. Ora ci presenta un gruppo di donne al seguito del Signore, che da inizio alla sua opera evangelizzatrice.
Egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni. (Lc 8,1 – 3)
Questo è una novità nella società del tempo. I Maestri d’Israele si circondavano di discepoli, ma non di donne, nemmeno degne di stare ai loro piedi ad ascoltare il loro insegnamento. Gesù invece riconosce loro una dignità e una importanza tale da ammetterle tra i suoi, non dedite solo ai compiti materiali e di assistenza, ma partecipi dell’ascolto della Parola e dell’annuncio del Regno.
Cristo, dopo tre anni di predicazione raggiunge Gerusalemme, dove sa che compirà il suo sacrificio per la redenzione del mondo.
Mentre sale al Calvario, carico della Croce, viene asciugato in volto da una misteriosa donna, che la tradizione nella Via Crucis chiama Veronica. Questa donna così attenta e delicata nei confronti del Signore sofferente è segno e modello di tutte le donne che si chinano con amore sulle ferite e le pene del prossimo e si spendono con generosità per lenirle e curarle.
Ma ancora Luca ci presenta un gruppo di donne sulla via dolorosa.
Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: «Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato». Allora cominceranno a dire ai monti: «Cadete su di noi!»,e alle colline: «Copriteci!». Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?». (Lc 23, 27 – 31) Cristo certamente accetta le lacrime di quelle donne, che compatiscono le sue pene, ma desidera indirizzarle su un altro oggetto. Le invita a piangere su se stesse e i propri figli per la catastrofe che travolgerà Gerusalemme qualche anno più tardi. Queste donne sono segno di altrettante donne che oggi sanno piangere e rattristarsi sulle dolorose vicende mondiali, sulle guerre, sulle persecuzioni, sulle calamità naturali e farsi carico nella preghiera delle sofferenze di tanti nostri fratelli e sorelle, nei quali ancora Gesù patisce.
Ma le donne non solo seguono la Via Crucis, sanno stare anche ai piedi della Croce come ci ricorda Giovanni, unico degli apostoli presente sul Calvario.
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. (Gv19, 25) Stanno lì in piedi, con la Madre, forti pur nel dolore, a condividere la passione del Crocifisso. Umanamente parlando non possono far nulla per Lui, né alleviare le sue sofferenze, ma quella loro presenza dice tutto l’amore e la riconoscenza verso Gesù che sta dando la sua vita anche per loro, con un atto di estrema carità. Queste donne rappresentano quelle che lungo i secoli condividono il dolore di Cristo nella contemplazione; o assistono fratelli e sorelle gravemente malati. Pur impotenti ad alleviare la loro situazione, stanno accanto a loro con amore e delicatezza, per non farli sentire soli e abbandonati.
Le donne come sono protagoniste della Passione,
così lo sono della risurrezione di Cristo.
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: «Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro»». Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto. (Gv 20, 1. 11- 18) Maria di Màgdala, intraprendente, va per prima al sepolcro, passato il riposo del sabato e scopre che il sepolcro è vuoto. Nel suo grande amore per il Signore, piange pensando che lo abbiano portato via. Lei cerca ancora un cadavere e nel suo dolore non riesce a riconoscere Gesù che le si presenta vivo. Ma solo sentendosi chiamare per nome lo riconosce e lo chiama Maestro. Maria è la prima a incontrare il Signore risorto e viene mandata in missione presso i suoi fratelli, Apostola degli Apostoli, come la chiama la Liturgia. Ella sintetizza in poche parole la sua straordinaria esperienza: «Ho visto il Signore!» e annunzia ciò che Gesù le ha detto. Come Maria di Màgdala altre donne oggi cercano ansiosamente Cristo e lo incontrano risorto e vivo nella Chiesa, nella Parola di Dio e nell’Eucaristia e lo annunciano con gioia ai fratelli e sorelle, perché in Lui possano avere la vita in abbondanza.
Anche Matteo racconta che le donne all’alba si recarono al sepolcro e lì videro un angelo che disse loro: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: «È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete». Ecco, io ve l’ho detto». Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno». (Mt 28, 5 – 10)
Lasciato il sepolcro, le donne vedono il Signore risorto che va loro incontro e con tenero amore gli stringono i piedi e adorano il loro Dio, vincitore della morte. Per ben due volte, prima dal’angelo e poi da Cristo stesso, ricevono il mandato missionario di annunciare agli apostoli che Lui è vivo e si mostrerà loro. Queste donne ci rimandano a tutte le donne che sanno dimostrare in modo semplice e intenso il loro amore al Signore, oggi presente nella sua Chiesa. Dopo averlo incontrato e adorato, lo annunciano ai fratelli e sorelle, specialmente a coloro che cercano un senso alla loro vita.
Quanti secoli sono passati dall’alba della risurrezione! Eppure l’annunzio non si è interrotto: «È risorto dai morti. Ho visto il Signore!» Tante e tante donne lo hanno ripetuto con la loro vita di preghiera, o dedicandosi alla famiglia, o annunciando il Vangelo come missionarie, servendo i poveri e i sofferenti.
Tra le contemplative da 250 anni ci siamo anche noi Passioniste. Noi, chiamate a condividere anzitutto il dolore del Crocifisso e a lenire le pene dei nostri fratelli e sorelle, che rivivono la sua Passione. Noi, chiamate a piangere sui mali della Chiesa e del mondo, causa delle sofferenze di Gesù e a implorare misericordia e salvezza per tutti. Noi, ritte ai piedi della Croce con Maria, nostra Madre, per ricevere e offrire il sangue di Cristo al Padre per la salvezza dell’umanità. Anche noi chiamate a portare l’annuncio della risurrezione del Signore, annuncio che pur recato nel silenzio e nella preghiera, supera le mura dei nostri monasteri, si diffonde fra la gente e giunge agli estremi confini della terra. Tutto questo avviene nella semplicità della vita, secondo la Regola donataci dal fondatore S. Paolo della Croce e dagli esempi della Ven. Maria Crocifissa, confondatrice. Il ricco bagaglio di insegnamenti che da essi riceviamo, ci è riproposto nelle nuove Costituzioni di recente approvazione. “Vivere radicalmente i consigli evangelici diventa per loro una vera esperienza pasquale, cioè una profonda attuazione personale e comunitaria della morte e risurrezione di Gesù. Esse vivono i loro voti nell’atmosfera dell’amore sacrificale di Gesù, offrendosi con lui al Padre per la salvezza dei fratelli. Le religiose della Passione promettono di vivere alla luce di questo amore sacrificale di Gesù. Come spose del Crocifisso, la loro più profonda aspirazione è di conoscere Lui, la potenza della sua resurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte” (Reg. e Cost. II p.,10 e 12).
La celebrazione del Giubileo dei 250 anni di Fondazione è un’opportunità per tutte noi Passioniste di rinnovarci nella nostra vocazione, eredi delle prime discepole del Signore: unirci a Lui nella Passione e ai piedi della Croce, incontrarlo vivo e risorto nella nostra vita quotidiana.
È una grazia dello Spirito che continuamente ci invita e ci sospinge ad approfondire il nostro Carisma nella Chiesa. Non lasciamola passare invano. Preghiamo le une per le altre affinché questa grazia sia efficace in ciascuna e nelle nostre Comunità.
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