Sr. Maria Giovanna dell’Addolorata

Sr. Maria Giovanna dell’Addolorata

*13/05/1932             

+11/06/2021 

Erano le 11,20 di venerdì 11 giugno, Solennità del S. Cuore di Gesù, quando Sr. Giovanna dell’Addolorata, Maddalena Andreatta, ha chiuso serenamente gli occhi a questa vita per aprirli a quella eterna. È spirata tra le braccia della sorella M. Rosaria che da alcuni giorni era venuta a Genova proprio per aiutare la nostra comunità ad assistere la sorella morente.

Erano passati esattamente tre mesi, l’11 marzo, da quando, in seguito ad esami del sangue e a un’ecografia fatta in monastero avevamo scoperto che Sr. Giovanna aveva un tumore all’intestino con metastasi al fegato e una forte anemia. La situazione era già grave e incurabile. Non accusava dolori particolari. L’unica cosa che aveva da qualche tempo era una persistente inappetenza per cui mangiava poco. Ma data l’età e la sua grande forza di volontà che la faceva reagire, non aveva creato particolare allarme.   D’accordo con i medici abbiamo continuato l’assistenza in Monastero, permettendole così di vivere nel suo ambiente, ma preparandoci per tempo all’assistenza domiciliare delle cure palliative, per essere pronti quando fosse stata necessaria.

Verso la metà di maggio una sera cadde dal letto, restando a terra tutta la notte, fasciata nella coperta. Così il giorno seguente accettò di cambiare stanza e letto, perché fossero più adeguati alla sua situazione.

Quando la Madre l’informò della gravità del suo male Sr. Giovanna ringraziò per averglielo detto, e con la più tranquilla espressione sul viso le rispose “Allora devo prepararmi a morire” come fosse la cosa più naturale del mondo. Parlando poi il giorno dopo al telefono con la sorella M. Rosaria le disse: “Sono contenta di morire perché faccio la volontà di Dio”.

Con grande carità la Vicaria cercava di darle tutto ciò che desiderava e con un’arte tutta particolare riusciva a convincerla a prendere qualcosa anche quando, pressoché tutti i giorni, diceva che non voleva mangiare.

Finché ha potuto scendere dal letto ha partecipato alla S. Messa con la Comunità ed era grata di ogni piccola cosa anche di un sorriso che le si faceva.

Il mercoledì 9 giugno, due giorni prima di morire, ha avuto la consolazione di poter rivedere e salutare le due sorelle, Gilda e Maria, una cugina ultranovantenne, Agnese ed un nipote, Francesco, che le ha accompagnate dal Veneto. Aveva iniziato l’assistenza domiciliare il lunedì precedente, per cui stava bene avendo fatto due flebo per idratare il fisico. Ma proprio mercoledì le vene hanno cominciato a rifiutare i liquidi.

Ha ricevuto la S. Comunione fino al giorno prima della morte. Gli ultimi due giorni il Sangue di Gesù, perché non deglutiva più cibo solido. Negli ultimi giorni la assisteva per la notte la badante Giulia che ci ha dato questa testimonianza: “Il giorno prima del decesso Sr. Giovanna fissando un punto della stanza le disse di aver visto la Madonna”.

Dopo la S. Messa comunitaria dell’11 giugno, solennità del S. Cuore, il P. Cappellano ha amministrato l’Unzione degli infermi che Sr. Giovanna ha seguito vigile fino alla fine. È riuscita a salutare con una carezza l’infermiere Roberto venuto in tarda mattinata e ancora una volta gli ha risposto che non aveva nessun male fisico. Nel pomeriggio ha ancora seguito, muovendo le labbra, il rosario che la Mamma della Madre Teresa recitava al suo capezzale.

Come abbiamo detto all’inizio si è spenta tra le braccia di M. Rosaria l’11 giugno 2021 solennità del S. Cuore di Gesù, nel monastero di Genova.

Una morte così come la sua non si improvvisa. Forse il Signore ha tenuto nascosto, dietro a quel suo carattere un po’ particolare, una virtù che si è manifestata nell’ultimo tratto del suo percorso di vita in un modo davvero non comune. Anche l’assenza di dolore fisico, per cui non è mai stato necessario somministrarle calmanti, nonostante la presenza di due tumori, ha dello straordinario. L’infermiere dell’assistenza domiciliare per le cure palliative, Roberto, ( che le si era affezionato tanto da volerla salutare con un bacio l’ultima volta che è venuto) ce lo ha confermato come non umanamente spiegabile, perciò dono di Gesù.

Sr. Giovanna nacque il 13 maggio 1932 a S. Zenone degli Ezzelini (Treviso) da Valentino, Basilio Andreatta e Angela Todesco. La sua vita è stata serena in una di quelle famiglie patriarcali, cattoliche ferventi, composte da molti fratelli e cugini. Lì assorbì i primi rudimenti della fede, che ha assimilato e sviluppato durante tutta la vita con i Sacramenti e la preghiera.

Ci raccontò che da giovane, col suo carattere volitivo e intraprendente a volte voleva spuntarla sugli altri e vedendo i coetanei andare in vespa, volle provarci anche lei, ma con quale risultato? Andò a piantarsi contro un pilastrino della strada, provvidenzialmente senza conseguenze.

Non si può dire con certezza in che periodo maturò la vocazione poiché è cresciuta con lei quasi naturalmente partecipando alla vita della Chiesa, nell’ascolto della Parola di Dio e di buone letture e nell’incontro con i Padri Passionisti del vicino convento di S. Zenone degli Ezzelini.

Furono proprio loro che, conoscendo questo monastero da poco fondato, quando espresse il desiderio di diventare monaca l’indirizzarono a Genova.

Maddalena così, lasciando parenti e il caro Veneto fece il suo ingresso in monastero il 21 novembre 1956.  Un anno dopo, il 21 novembre ’57, ha rivestì l’abito Passionista.

Il 22 novembre 1958 si consacrò al Signore con la Professione temporanea che confermò con la Professione Perpetua il 22 nov. 1961.

Nei primi anni Sr. Giovanna si dedicò a vari lavori, come si usa fare con le giovani vocazioni, ed in particolare si curò del pollaio. Ricorda una sorella, che lavorò con lei: “A volte portava i pulcini più deboli nelle tasche del grembiule affinché si rinforzassero”. Si occupava anche di cucito, nel quale era particolarmente abile. Come anche del lavoro in giardino: amava particolarmente i fiori e la natura.

Ad un certo momento della sua vita Sr. Giovanna sentì la chiamata a farsi pellegrina tra i monasteri delle Passioniste per portare un concreto aiuto e in un secondo tempo per favorire anche la presenza di vocazioni indonesiane nei vari monasteri.

Perciò il 25 marzo 1971 si trasferì al monastero di Castiglione Olona (Va). Desiderò fondare, senza riuscirci, un monastero in Veneto. Poi passò al monastero di Vignanello (Vt), dove rimase a lungo. Sua occupazione particolare era il taglio delle casule che venivano cucite in serie per il Vaticano. Lei che amava tanto piante e fiori, anche in questo monastero, ricco di terreno, aveva il suo angolino privilegiato a cui si dedicava. Questa lunga permanenza è stata fruttuosa e ricca di bene, come potrebbero meglio testimoniare le consorelle di Vignanello che la ricordano.

Inoltre, per qualche tempo passò al monastero–madre di Tarquinia e infine al monastero di Napoli. In questo periodo soffrì a causa di un ictus che le paralizzò metà persona. Con le adeguate cure mediche e la sollecitudine delle consorelle, riuscì a guarire e a riprendersi quasi completamente.

Più volte aveva manifestato il desiderio di tornare a Genova, nel monastero in cui era entrata, ma diverse circostanze glielo avevano impedito. Finalmente ottenuto il permesso dei superiori il 12 luglio 2013 tornò definitivamente al monastero di Genova-Quarto. Diceva: “Voglio andare a morire nel monastero dove sono entrata”.

Qui si dedicò a varie mansioni, soprattutto al cucito e alla stiratura della biancheria che faceva usando la macchina a rullo, non dovendo quindi restare in piedi. Si sentiva così utile alla Comunità e cercava di sollevare le consorelle che avevano già molti altri impegni. Sulla finestra della sua stanza teneva un piccolo vivaio di piante che poi collocava in giardino in un angoletto sormontato da una statua del Buon Pastore, che a lei piaceva tanto. Soprattutto in occasioni di feste portava alla Madonna Addolorata, sua patrona, qualche fiore preso dal suo giardinetto.

Era assidua al Coro e alla preghiera comunitaria. Quando la si esortava di andare a riposarsi in camera a causa dei dolori alla schiena che la posizione in coro risvegliavano, lei rispondeva: “No, qui davanti a Gesù si sta così bene”.

 Amava leggere in particolare opuscoli che offriva anche alle consorelle e dove trovava testimonianze di fede interessanti. Sempre sollecita del bene per gli altri, li passava anche alla sorella che preparava le Adorazioni mensili affinché molti potessero esserne edificati. Da essi attingeva anche tante belle frasi sulla fede che poi faceva sue.

Alla sua morte, in occasione del ritiro su zoom delle monache dei monasteri italiani e indonesiani, è stata recitata la corona del S. Rosario di suffragio. Mi sembra un segno del Signore che ha voluto servirsi ancora una volta di lei con la preghiera comune dei monasteri nei quali era vissuta per creare comunione. Segno tangibile del crescere di questa nuova Congregazione Monastica Passionista come un’unica famiglia, partecipe delle gioie e dei dolori di ciascun membro.

 

Riportiamo di seguito alcuni significativi scritti, tra i numerosi da lei ricopiati e ritagliati, che usava inviare e regalare a parenti, conoscenti ed amici, laici e consacrati:

 

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